Sentenza n. 220 del 2023

SENTENZA N. 220

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco DALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, commi da 1 a 8, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), alla legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022) e alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, con ordinanze del 21 ottobre 2022 e del 12 maggio 2023, iscritte, rispettivamente, al n. 159 del registro ordinanze 2022 e al n. 110 del registro ordinanze 2023 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 3 e 36, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti gli atti di costituzione di Yesmoke srl, di Manifattura Italiana Tabacco spa, in fallimento, e di Italian Tobacco Manufacturing srl, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2023 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Chiara Giubileo per Yesmoke srl, Angelo Lalli e Pierluigi Piselli per Manifattura Italiana Tabacco spa in fallimento e Italian Tobacco Manufacturing srl e l’avvocato dello Stato Fabio Tortora per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 7 novembre 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 21 ottobre 2022 (r.o. n. 159 del 2022), il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli artt. 11, 41 e 117, primo comma, della Costituzione, «per il tramite della disciplina interposta» di cui al considerando n. 9, e agli artt. 7, paragrafi 3 e 4, 14, paragrafo 1, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, commi da 1 a 8, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), così come modificato dall’art. 1, commi 1074 e 1078, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), in vigore dal 1° gennaio 2019, e dall’art. 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), in vigore dal 1° gennaio 2020.

1.1.– Le suddette disposizioni prevedevano, nel testo modificato dalle leggi appena citate: «1. Ai fini dell’applicazione dell’accisa sui tabacchi lavorati di cui all’articolo 39-bis, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), sono stabilite le aliquote di base di cui all’Allegato I. 2. Per i tabacchi lavorati di cui al comma 1 diversi dalle sigarette l’accisa è calcolata applicando la relativa aliquota di base al prezzo di vendita al pubblico del prodotto. 3. Per le sigarette, l’ammontare dell’accisa è costituito dalla somma dei seguenti elementi: a) un importo specifico fisso per unità di prodotto, pari all’11 per cento della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al “PMP-sigarette”; b) un importo risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico corrispondente all’incidenza percentuale sul “PMP-sigarette” dell’accisa globale sul medesimo “PMP-sigarette” diminuita dell’importo di cui alla lettera a). 4. L’accisa globale, di cui alle lettere a) e b) del comma 3, è calcolata applicando l’aliquota di base di cui al comma 1, al “PMP-sigarette”. 5. L’accisa minima di cui all’articolo 14, n. 1, secondo periodo, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, è pari a: a) euro 30 [35 a decorrere dal 1° gennaio 2020] il chilogrammo convenzionale, per i tabacchi lavorati di cui all’articolo 39-bis, comma 1, lettera a), di peso superiore a 3 grammi (sigari); b) euro 32 [37 a decorrere dal 1° gennaio 2020] il chilogrammo convenzionale, per i tabacchi lavorati di cui all’articolo 39-bis, comma 1, lettera a), di peso inferiore a 3 grammi (sigaretti); c) euro 125 [130 a decorrere dal 1° gennaio 2020] il chilogrammo per i tabacchi lavorati di cui all’articolo 39-bis, comma 1, lettera c), n. 1) (tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per rotolare le sigarette). 6. Per i tabacchi lavorati di cui all’articolo 39-bis, comma 1, lettera b), (sigarette), l’onere fiscale minimo, di cui all’articolo 7, n. 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, è pari a euro 180,14 il chilogrammo convenzionale [188,73 a decorrere dal 2020, come da determinazione dell’ADM, prot. n. 14359, del 13 gennaio 2020]. A decorrere dalla data di applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico rideterminate, per l’anno 2019, ai sensi dell’articolo 39-quinquies, il predetto onere fiscale minimo è pari al 95,22 per cento [96,22 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2020] della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al “PMP-sigarette”. 7. L’onere fiscale minimo di cui al comma 6 è applicato ai prezzi di vendita per i quali la somma dell’imposta sul valore aggiunto, applicata ai sensi dell’articolo 39-sexies, e dell’accisa, applicata ai sensi del comma 3, risulti inferiore al medesimo onere fiscale minimo. 8. L’accisa sui prezzi di vendita di cui al comma 7 è pari alla differenza tra l’importo dell’onere fiscale minimo, di cui al comma 6, e l’importo dell’imposta sul valore aggiunto applicata ai sensi dell’articolo 39-sexies».

1.2.– Il TAR Lazio osserva che le questioni sono sorte nel corso di due giudizi riuniti (iscritti rispettivamente nel registro generale ai numeri 2379 del 2020 e 2960 del 2022), promossi rispettivamente, da un lato, dalle società Italian Tobacco Manufacturing srl (ITM), affittuaria di azienda, e Manifattura Italiana Tabacco spa (MIT), in fallimento, anche con motivi aggiunti (atti primo e secondo) avverso le determinazioni direttoriali dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) relative agli anni 2020, 2021 e 2022, e dall’altro, da Yesmoke srl (YM), contro la determinazione per l’anno 2022.

In particolare, il giudice rimettente riferisce che le società ITM e MIT hanno inizialmente impugnato, con il primo ricorso, la determinazione direttoriale del 13 gennaio 2020, con la quale l’ADM avrebbe aggiornato e approvato, per l’anno 2020, la «tabella di ripartizione del prezzo di vendita al pubblico delle sigarette», ai sensi dell’art. 39-quinquies del d.lgs. n. 504 del 1995.

Con il primo «ricorso per motivi aggiunti» le società avrebbero impugnato, con le medesime censure, anche la determinazione direttoriale del 14 gennaio 2021, con cui l’ADM avrebbe approvato, per l’anno 2021, la «tabella di ripartizione del prezzo di vendita» delle sigarette, mentre con il «secondo ricorso per motivi aggiunti» sarebbe stata impugnata quella del 13 gennaio 2022, per l’anno 2022, contenente la «tabella di ripartizione del prezzo di vendita», previa individuazione dell’onere fiscale minimo (OFM).

1.3.– Il TAR evidenzia, poi, che anche YM avrebbe presentato ricorso avverso la determinazione direttoriale dell’ADM del 13 gennaio 2022, già oggetto di impugnazione da parte delle altre due società.

2.– Il giudice a quo, dopo aver riepilogato la relazione depositata dall’ADM, richiesta per «accertare […] in che modo l’Autorità italiana abbia determinato l’onere fiscale minimo ai sensi della disciplina europea e nazionale», e dopo aver ritenuto che «la disciplina sull’onere fiscale minimo prevista nell’art. 7, par. 4, della direttiva 2011/64/UE, individuata quale causa petendi delle censure delle ricorrenti, non abbia efficacia diretta c.d. verticale», per cui non consente al «giudice comune [di] sperimentare l’istituto della disapplicazione», si sofferma sul «quadro regolatorio europeo».

Quanto alla direttiva 2011/64/UE, il TAR esamina il considerando n. 9, in base al quale l’armonizzazione della tassazione mirerebbe in particolare a «“far sì che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati […] non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, di conseguenza, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri”»; richiama quindi l’art. 15, che avrebbe «sancito il principio del libero prezzo dei tabacchi lavorati», prevedendo che i produttori «“stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro”».

Con riferimento all’art. 7 della direttiva, il rimettente precisa che, ai sensi del paragrafo 1, le sigarette sarebbero soggette a due accise: «i) un’accisa ad valorem calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto […]; ii) un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto» e che, per il successivo paragrafo 2, l’«aliquota dell’accisa ad valorem e l’importo dell’accisa specifica devono essere uguali per tutte le sigarette». Riporta quindi il contenuto del paragrafo 3, per cui «è stabilito per le sigarette in tutti gli Stati membri lo stesso rapporto tra l’accisa specifica e la somma dell’accisa ad valorem e dell’imposta sul volume d’affari, in modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori».

Viene poi richiamato dal TAR il contenuto del paragrafo 4 dell’art. 7 che, con una «disposizione di chiusura», dispone che «“[n]ella misura in cui ciò risulti necessario, l’accisa sulle sigarette può comportare un onere fiscale minimo, sempre che la struttura mista della tassazione e la fascia dell’elemento specifico dell’accisa, ai sensi dell’articolo 8, siano rigidamente rispettate”».

Il rimettente rammenta, infine, il contenuto dell’art. 8, paragrafo 1, della direttiva menzionata, laddove prevede che la «“fascia” dell’elemento specifico dell’accisa», «ossia l’accisa specifica calcolata per unità di prodotto venduta nel mercato», sia fissata «con riferimento al “prezzo medio ponderato di vendita al minuto”» (PMP), che si otterrebbe dalla divisione tra «il “valore totale di tutte le sigarette immesse in consumo, basato sul prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, diviso per la quantità totale di sigarette immesse in consumo […] in base ai dati relativi a tutte le immissioni in consumo dell’anno civile precedente”».

3.– Il TAR passa poi a delineare il «quadro regolatorio nazionale», chiarendo che l’art. 39-octies, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1995, determinerebbe l’onere fiscale minimo (OFM), dal 1° gennaio 2019 nel 95,22 per cento (poi 96,22 per cento dal 1° gennaio 2020) della somma dell’accisa globale e dell’IVA «calcolate entrambe con riferimento al […] “PMP-sigarette”», laddove il PMP sarebbe dato «dal rapporto tra il valore totale e la quantità totale delle sigarette immesse in consumo nell’anno solare precedente», sicché l’OFM sarebbe dovuto «qualora, per effetto dei prezzi stabiliti dai produttori, dall’applicazione dell’accisa ordinaria e dell’IVA si realizza un carico fiscale inferiore a quello dell’onere fiscale minimo previsto per legge».

3.1.– Il rimettente, quindi, indica le modalità concrete con le quali sarebbe stato calcolato, nel caso di specie, l’OFM: a) dapprima l’ADM avrebbe determinato il “PMP-sigarette”, che per il 2022 sarebbe stato di euro 260,00; b) poi l’ADM avrebbe stabilito l’OFM nella misura di euro 194,72, per cui nella «“[t]abella di ripartizione dei prezzi delle sigarette”», alla classe di prezzo di vendita al pubblico pari ad «“Euro 245,00”» (recte: 248), quale “prezzo di parità”, corrisponderebbe «il carico fiscale pari a “Euro 194,72” derivante dalla somma dell’accisa ordinaria + l’IVA».

Pertanto, ad avviso del TAR, i produttori «partendo dal dato del prezzo finale di vendita delle sigarette da loro stessi comunicat[o] all’ADM, sono tenuti a sostenere l’accisa pari a Euro 194,72 (per il 2022) a titolo di onere fiscale minimo se la tassazione ordinaria restituisce un’accisa inferiore a tale importo; al contrario, se la tassazione ordinaria restituisce un’accisa superiore sono tenuti a sostenere il relativo carico fiscale».

Poiché le società ricorrenti avrebbero commercializzato nel 2022 «sigarette che rientrano in una classe di prezzo che si colloca nella forbice che va da Euro 217,00 a Euro 245,00 [recte: 248] per chilogrammo convenzionale, l’onere fiscale minimo a loro carico è sempre uguale all’importo di Euro 194,72, a prescindere dal prezzo di vendita al pubblico», con conseguente riduzione della «remunerazione che le ricorrenti ritraggono dalla vendita delle sigarette».

4.– Quanto alla rilevanza, il TAR precisa che, poiché i provvedimenti impugnati troverebbero il loro fondamento nell’art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, che attuerebbe l’OFM sancito dall’art. 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE, «[i]n caso di declaratoria di incostituzionalità della legge nazionale […] quest’ultima non potrebbe più costituire la base giuridica dei provvedimenti impugnati», comportandone l’invalidità.

5.– In punto di non manifesta infondatezza delle questioni, il TAR afferma che «la legislazione nazionale sulla determinazione della misura dell’onere fiscale minimo, per come conformata, è obiettivamente incompatibile con quella europea ponendosi […] in violazione del principio di libera concorrenza nel settore dei tabacchi lavorati e, in particolare, del principio di libera determinazione dei prezzi di vendita delle sigarette».

Ciò in quanto la facoltà concessa dal diritto europeo agli Stati membri di introdurre e disciplinare l’OFM «non è senza limiti».

L’OFM, infatti, avrebbe dovuto rispettare i seguenti parametri sanciti dalla disciplina europea: «i) garantire “lo stesso rapporto tra l’accisa specifica e la somma dell’accisa ad valorem e dell’imposta sul volume d’affari, in modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori” (art. 7, par. 3, cit.); ii) far sì che “la struttura mista della tassazione e la fascia dell’elemento specifico dell’accisa, ai sensi dell’articolo 8, siano rigidamente rispettate” (art. 7, par. 4, cit.); iii) evitare […] una normativa che, “allineando ai prezzi più elevati i prezzi di vendita al minuto delle sigarette che si situano nella parte inferiore della forcella di prezzi, tende a neutralizzare le differenze di prezzo tra i vari prodotti” poiché siffatto sistema pregiudica la libertà dei produttori e degli importatori di stabilire il loro prezzo massimo di vendita al minuto sancita dal diritto dell’Unione (cfr. Corte di giustizia, 24 giugno 2010, causa C-571/08, par. 43 e 44); iv) evitare […] l’applicazione di “soglie d’imposta che variano in funzione delle caratteristiche o del prezzo delle sigarette” poiché siffatta previsione comporta distorsioni alla concorrenza tra le differenti sigarette ed è contraria all’obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e condizioni neutre di concorrenza perseguit[e] […] dalla direttiva 2011/64/UE (cfr. Corte di giustizia, 9 dicembre 2014, causa C-428/13, par. 31)».

5.1.– Per il rimettente, quindi, la disciplina nazionale sull’OFM «distorcendo la struttura mista dell’accisa europea, altera la concorrenza nel mercato e comprime la libertà di impresa e le politiche economiche degli operatori in quanto costringe quelli che producono sigarette ad un prezzo inferiore, rispetto al c.d. prezzo di parità, a sopportare ingiustificatamente un onere fiscale che aumenta al diminuire del prezzo di vendita».

In particolare, la disciplina nazionale comporterebbe due principali «distonie» rispetto al sistema delineato dal diritto europeo.

La prima deriverebbe dal fatto che «[i]l meccanismo di calcolo dell’onere fiscale minimo restituisce un carico fiscale che grava in misura maggiore su quei produttori che mettono in vendita sigarette ad un minore prezzo rispetto a quello stabilito da altri operatori».

La seconda sarebbe rinvenibile nella modalità di computo dell’OFM, pari al 96,22 per cento della somma dell’accisa globale e dell’IVA, calcolate entrambe «con riferimento al “PMP-sigarette”» che, ai sensi dell’art. 39-octies, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1995, «è ancorato e oscilla in base alla variazione dei prezzi totali di vendita delle sigarette (fatturato dell’anno precedente)», con la conseguenza che «[l]’aumento del prezzo di vendita delle sigarette accresce la base su cui si calcola l’aliquota dell’onere fiscale minimo».

In tal modo, «i produttori che offrono sigarette ad un prezzo più elevato e quindi realizzano un maggior fatturato (ossia le multinazionali) sono in grado di modificare la soglia dell’onere fiscale minimo mediante il semplice aumento dei prezzi di vendita», facendo «innalza[re] automaticamente il denominatore [recte: numeratore] sulla cui base si effettua il rapporto tra fatturato e quantità di sigarette vendute».

Pertanto, «[l]a politica dell’aumento dei prezzi dei grandi operatori determina in via diretta l’aumento del carico fiscale che devono sopportare i piccoli operatori» e «i produttori che vendono a prezzi minori (in genere piccoli operatori) subiscono un prelievo fiscale maggiore rispetto a quello che avrebbero subito applicando la tassazione ordinaria».

5.2.– Il rimettente individua, poi le «[c]onseguenze delle distonie», evidenziando che «[i]l risultato che la leva fiscale collegata all’onere fiscale minimo determina sulla concorrenza nel “mercato interno” delle sigarette è quello di neutralizzare i vantaggi competitivi che ottengono i produttori che riescono, grazie alle loro capacità imprenditoriali, a vendere prodotti a prezzi più bassi, intercettando così la domanda di quei consumatori interessati a prodotti con prezzi più contenuti rispetto ad altri».

Per il giudice a quo, dunque, da un lato, i produttori che commerciano sigarette con prezzi più bassi rispetto a quello “di parità”, «perdono […] le precedenti quote di mercato relative alla fascia dei consumatori interessati a prodotti a basso costo» e, dall’altro, «dovendo aumentare il prezzo dei propri prodotti per rimanere nel mercato, risultano essere meno competitivi in relazione agli operatori che, non subendo gli effetti negativi della leva fiscale […], offrono, alla stessa classe di prezzi, prodotti con standard migliori rispetto ai quali si indirizza naturalmente la scelta del consumatore finale nell’incrocio della domanda e dell’offerta».

5.3.– In conclusione, dunque, il TAR ritiene «non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, commi 1-8, del d.lgs. n. 504/1995, in relazione alla violazione degli artt. 11 e 117 Cost., integrati dalla disciplina interposta dettata dagli artt. 7, par. 3 e 4, 14, par. 1 e 15, par. 1, della direttiva 2011/64/UE sull’onere fiscale minimo», e ciò «salvo che il giudice costituzionale ritenga di interpellare la Corte di giustizia sulla corretta interpretazione della disciplina europea in esame».

6.– Si è costituita in giudizio YM, premettendo di essere una impresa italiana dedita alla produzione e commercializzazione di sigarette a un prezzo di vendita «particolarmente contenuto e competitivo» (pari a «Euro 4,60/5,00 a pacchetto»), inferiore a quello «coincidente con il prezzo medio ponderato […] per il 2022 […] pari appunto a Euro 5,20», nonché «inferiore al c.d. “prezzo di parità”».

La società rileva che, con l’introduzione del meccanismo costituito dall’OFM, sarebbe stata prevista «una tassazione inversamente proporzionale rispetto al prezzo di vendita (più è basso il prezzo di vendita maggiore è la tassazione che grava sul produttore e viceversa) che ha l’effetto di incidere sulla libertà dei produttori di fissare il prezzo di vendita delle sigarette, posto che questi ultimi sono costretti ad aumentare il prezzo per evitare di andare in perdita, e sulla libertà di iniziativa economica privata».

Proprio per tale ragione YM, nel tentativo di compensare gli effetti di «tale imposizione fiscale», avrebbe «necessariamente alzato i propri prezzi di vendita, confidando (invano) in provvedimenti migliorativi della propria situazione». Tuttavia, dal 2022 non sarebbe stata più possibile una politica commerciale di aumento dei prezzi, «che avrebbe penalizzato eccessivamente il volume delle vendite», e ciò in ragione delle «ingenti perdite subite dovute», da un lato, alla riduzione di «quote di mercato rappresentate dai consumatori interessati ad acquistare prodotti a costi più bassi», e dall’altro, alla minore competitività nei mercati di fascia alta, perché i consumatori «a parità di prezzo, preferisc[o]no i marchi più noti».

6.1.– La società rammenta che il «prelievo» dell’OFM verrebbe «applicato laddove, partendo dal prezzo di vendita finale indicato dal produttore, la somma dell’accisa globale e dell’IVA risulti inferiore alla soglia da esso rappresentata». In tal modo, l’OFM «sostituisce l’ordinario regime di tassazione delle sigarette che è costituito dall’applicazione dell’accisa ordinaria e dell’IVA».

Ciò troverebbe riscontro nei dati numerici relativi all’anno 2022, con il PMP pari ad euro 260,00 e l’OFM pari ad euro 194,72, a fronte di un “prezzo di parità” di euro 248,00 ogni 1000 sigarette.

6.2.– Per YM la disciplina nazionale sarebbe «obiettivamente incompatibile con quella europea», soprattutto con riferimento a quanto previsto dall’art. 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE. In particolare, essa avrebbe alterato la «concorrenza nel mercato» e compresso «la libertà di impresa e le politiche economiche degli operatori», costringendo «quelli che producono sigarette ad un prezzo inferiore rispetto al c.d. “prezzo di parità” a sopportare ingiustificatamente un onere fiscale che aumenta al diminuire del prezzo di vendita».

Inoltre, ad avviso della società, «i produttori che offrono sigarette ad un prezzo più elevato e quindi realizzano un maggior fatturato […] sono in grado di modificare la soglia dell’“onere fiscale minimo” mediante il semplice aumento dei prezzi di vendita», innalzando «automaticamente il numeratore sulla cui base si effettua il rapporto tra fatturato e quantità di sigarette vendute» e determinando «una soglia dell’“onere fiscale minimo” più alta».

7.– Si sono costituite in giudizio ITM e MIT rilevando, anzitutto, che il mercato delle sigarette sarebbe caratterizzato «dalla presenza di pochi grandi players che occupano una quota pari al 90 % di esso e che producono e vendono trasversalmente ogni tipologia di sigaretta (da quelle di fascia medio-bassa a quelle dal prezzo di vendita più elevato) e dalla presenza di operatori economici di ben minori dimensioni […] che agiscono nella restante e minoritaria quota di mercato […] attraverso la produzione e la vendita di sigarette il cui prezzo si colloca in una fascia medio-bassa (4,50-4,70 €/pacchetto)».

Pertanto, «l’onere fiscale minimo e l’accisa ordinaria si applicano, rispettivamente, al 6% e al 94% dei consumi annuali», con «una drastica riduzione» dei «ricavi di vendita (c.d. “quota fornitore”)» esclusivamente per le «sigarette il cui prezzo si colloca al di sotto della soglia dettata dall’onere fiscale minimo».

Le società precisano che l’OFM, nella sua prima versione individuata dal decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188 (Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi, a norma dell’articolo 13 della legge 11 marzo 2014, n. 23), «era stabilito per via legislativa in un ammontare predeterminato» con la previsione di uno ius variandi da parte del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), su proposta del direttore dell’ADM, «in modo tale da garantire una certa stabilità dei prezzi di vendita», ma ciò senza «alterare la concorrenza nel mercato di riferimento».

Solo con la successiva modifica normativa di cui alla legge n. 145 del 2018, in vigore dal 1 ° gennaio 2019, l’OFM sarebbe stato «“pari al 95,22 per cento della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al PMP-sigarette”» e quindi ancorato «alla variazione dei prezzi totali di vendita delle sigarette, causat[a] dagli stessi competitors presenti nel mercato di riferimento».

8.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque manifestamente infondate.

8.1.– L’Avvocatura prende le mosse dalla considerazione che «[f]ino al 2018, l’onere fiscale minimo era definito direttamente dal Legislatore», mentre successivamente «con L. n. 145/2018 si è statuito che il calcolo di tale onere fosse automatico in percentuale rispetto al PMP-sigarette».

8.2.– Per la difesa erariale, con la novella del 2018 «[i]l legislatore, nell’ottica di ovviare alla perdita di efficacia che la misura dell’OFM naturalmente subisce all’aumentare del PMP, ha consentito, dunque, di rimodulare lo stesso in modo da mantenere inalterata la percentuale dell’accisa globale e dell’IVA gravanti sul PMP-sigarette attualmente fissata al 96,22%, al fine di mantenere un rapporto costante tra l’OFM e [il valore] associato al PMP».

In tal modo, ad avviso dell’Avvocatura, poiché il PMP verrebbe determinato «in relazione ai dati relativi dell’anno precedente e calcolato in base al valore totale delle sigarette immesse in consumo in rapporto alla relativa quantità totale», la fiscalità risulterebbe «ancorata ad un dato di mercato più stabile, definito dalle scelte di tutti i suoi operatori».

8.3.– Per la difesa dello Stato, inoltre, rientrerebbe nella logica dell’OFM la circostanza che questo non riguardi le classi di prezzo superiore, incidendo solo «sulla dinamica dei prezzi al di sotto di quello oltre il quale viene meno l’applicazione dell’onere fiscale minimo».

Ciò sarebbe coerente con la disciplina europea che, oltre a garantire il corretto funzionamento del mercato interno, mirerebbe anche ad «un livello elevato di protezione della salute».

L’introduzione dell’OFM da parte del legislatore europeo avrebbe, quindi, la finalità di «scoraggiare il consumo di prodotti da fumo e garantire, dunque, le suddette finalità di tutela della salute in linea, peraltro, con l’interesse erariale».

8.4.– Non vi sarebbe per la difesa erariale alcuna disparità di trattamento, in quanto «le misure fiscali […] sono naturalmente uguali per tutti i contribuenti», mentre «diversa è l’incidenza che le stesse possono avere in ordine alle libere politiche tariffarie degli imprenditori», in quanto «[t]ale effetto, derivato da una autonoma scelta delle parti, non può essere indicato come causa di disparità tra i concorrenti».

Viene inoltre precisato che «se è vero che l’onere fiscale minimo colpisce soltanto determinate categorie di prezzo, è anche vero che le fasce più elevate non sono assoggettate a tale onere in quanto pagano comunque un’imposta complessiva (accisa + IVA) maggiore», come del resto già sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa (si cita lo stesso TAR Lazio, sezione seconda, sentenza 12 ottobre 2018, n. 9934) che ha ritenuto che «“[v]iceversa l’onere fiscale minimo è misura totalmente diversa [rispetto all’accisa minima “disincentivante” del 115 per cento], idonea a contrastare le politiche dei prezzi più aggressive, consentendo comunque la libera formazione del prezzo”», aggiungendo che «“la stessa, non incidendo in maniera selettiva sulle fasce di prezzo, non viola il principio di libera concorrenza”».

Pertanto, per l’Avvocatura gli argomenti sviluppati nell’ordinanza di rimessione «proverebbero troppo», in quanto «la loro portata si estende fino a mettere implicitamente in discussione il meccanismo dell’onere fiscale minimo in sé stesso e non solo le modalità con cui è stato congegnato dal legislatore nazionale».

9.– Con ordinanza del 12 maggio 2023 (r.o. n. 110 del 2023), lo stesso TAR Lazio, sezione seconda, nell’ambito del medesimo giudizio iscritto al registro generale n. 2379 del 2020 (cui era stato riunito quello iscritto al n. 2960 del 2022) di cui alla prima ordinanza di rimessione, vertente tra le stesse parti, con riguardo al «terzo atto per motivi aggiunti» presentato da ITM e MIT, ha sollevato, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., «per il tramite della disciplina interposta» di cui «agli artt. 7, par. 3 e 4, 14, par. 1, e 15, par. 1, della direttiva 2011/64/UE», questioni di legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, commi da 1 a 8, del d.lgs. n. 504 del 1995, così come modificato dall’art. 1, comma 122, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), in vigore dal 1° gennaio 2023.

E, anche in questo caso, ciò «salvo che il giudice costituzionale ritenga di interpellare la Corte di giustizia sulla corretta interpretazione della disciplina europea in esame».

9.1.– L’articolo censurato, in particolare, stabilisce, ai commi 3 e 6, come modificati dalla legge n. 197 del 2022, per il periodo a decorrere dal 1° gennaio 2023: «3. Per le sigarette, l’ammontare dell’accisa è costituito dalla somma dei seguenti elementi: a) un importo specifico fisso per unità di prodotto, determinato, per l’anno 2023, in 28 euro per 1.000 sigarette, per l’anno 2024 in 28,20 euro per 1.000 sigarette e, a decorrere dall’anno 2025, in 28,70 euro per 1.000 sigarette; b) un importo risultante dall’applicazione dell’aliquota di base, di cui alla voce “Tabacchi lavorati”, lettera c), dell’allegato I, al prezzo di vendita al pubblico […] 6. Per i tabacchi lavorati di cui all’articolo 39-bis, comma 1, lettera b) (sigarette), l’onere fiscale minimo, di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, è pari, per l’anno 2023, al 98,10 per cento della somma dell’accisa globale costituita dalle due componenti di cui alle lettere a) e b) del comma 3 del presente articolo e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al “PMP-sigarette”; la medesima percentuale è determinata al 98,50 per cento per l’anno 2024 e al 98,60 per cento a decorrere dall’anno 2025».

9.2.– Il rimettente chiarisce che il terzo ricorso per motivi aggiunti è stato presentato da MIT e ITM avverso il successivo provvedimento «prot. n. 632286/RU del 29.12.2022» con cui «il Direttore» dell’ADM avrebbe stabilito che «[a] decorrere dalla data del 1 ° gennaio 2023 le tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico delle sigarette […] sono rideterminate come da allegati alla presente determinazione».

9.3.– Il giudice a quo precisa che tale provvedimento sarebbe stato «censurato “per gli stessi vizi già avanzati in sede di ricorso introduttivo, nonché in sede di motivi aggiunti”», poiché «“si appalesa […] illegittimo in quanto gravemente distorsivo della concorrenza» finendo per avvantaggiare «i grandi produttori di sigarette di fascia medio-alta a discapito dei pochi produttori di sigarette di fascia medio-bassa”».

Il TAR reputa, infatti, che le modifiche normative nella parte in cui «ancora[no] la determinazione dell’onere fiscale minimo, nella percentuale ora stabilita […] alla variazione della componente del “PMP-sigarette”» confermerebbero «i sospetti di illegittimità costituzionale della disciplina sull’onere fiscale minimo per come già evidenziati dalla Sezione nell’ordinanza n. 13610/2022».

Infatti, anche con la novella, i produttori «che offrono sigarette ad un prezzo più elevato e quindi realizzano un maggior fatturato […] sono in grado di modificare la soglia dell’onere fiscale minimo mediante il semplice aumento dei prezzi di vendita», in quanto «per effetto del sistema di calcolo delineato dal legislatore italiano, aumentando il prezzo di vendita dei prodotti si innalza automaticamente il denominatore [recte: numeratore] sulla cui base si effettua il rapporto tra fatturato e quantità di sigarette vendute e quindi si ottiene una soglia dell’onere fiscale minimo più alta».

Per il rimettente, dunque, persisterebbero le «“distonie” tra il “congegno nazionale di determinazione dell’onere fiscale minimo […] rispetto al sistema delineato a livello europeo” e le “conseguenze delle distonie” sulla concorrenza nel mercato evidenziate nella medesima ordinanza».

10.– In punto di rilevanza il TAR osserva che la determinazione direttoriale dell’ADM del 29 dicembre 2022, impugnata con il terzo ricorso per motivi aggiunti solo da ITM e MIT, sarebbe stata adottata ai sensi dell’art. 39-octies, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1995 «nel testo modificato dalla legge di bilancio 2023», sicché «l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale comporta l’invalidità del provvedimento amministrativo che su di essa [è stato] adottato».

11.– Il rimettente, quanto alla non manifesta infondatezza, ribadisce che «la disciplina nazionale nella parte in cui introduce un meccanismo di determinazione dell’onere fiscale minimo che, in quanto agganciato all’accisa ad valorem (art. 39-octies, comma 3, lett. b, d.lgs. n. 504/1995), comporta […] un carico fiscale maggiore sui produttori che commercializzano sigarette ad una classe di prezzo più bassa rispetto a quella c.d. di parità».

La norma censurata, pertanto, violerebbe gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. «per il tramite della disciplina interposta degli artt. 7, par. 3 e 4, 14, par. 1 e 15, par. 1, della direttiva 2011/64/UE, prevista al fine di tutelare i principi di libera concorrenza nel mercato interno e quindi di libera determinazione del prezzo di vendita nel settore economico della produzione delle sigarette».

12.– Si sono costituite in giudizio MIT e ITM, ripercorrendo l’iter normativo e giurisprudenziale che avrebbe condotto il legislatore nazionale all’applicazione dell’OFM, prima «con il D.Lgs. n. 188 del 15.12.14», «sino al 31.12.18», «per via legislativa in un ammontare predeterminato», e poi con un «metodo di aggiornamento automatico», in modo tale che «l’importo dell’onere fiscale minimo veniva automaticamente ancorato alla variazione dei prezzi totali di vendita delle sigarette, causato dagli stessi competitors presenti nel mercato di riferimento».

Per le due società le ulteriori modifiche di cui alla legge n. 197 del 2022 «non scalfiscono i profili sintomatici in tema di distorsione della concorrenza e del mercato e, anzi, li aggravano», in quanto sarebbe stata «ulteriormente aumentata la soglia percentuale sulla quale tale onere fiscale è calcolato» passata, per l’anno 2023, dal 96,22 al 98,10 per cento della somma di accisa globale e dell’IVA.

Ribadiscono che «l’ammontare dell’onere fiscale minimo, in quanto dipendente dal PMP» sarebbe condizionato «dalle scelte strategiche dei grandi produttori di sigarette di fascia alta», per cui «[i] dubbi di costituzionalità sollevati dal Giudice amministrativo sono assolutamente fondati».

13.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che «venga dichiarata inammissibile e comunque infondata la questione sollevata».

La difesa erariale precisa che «l’articolo 1, comma 659, della Legge di bilancio 2020, ha modificato, aumentandole, sia l’aliquota di base per il calcolo dell’accisa ordinaria (dal 59,5 % al 59,8 %), sia l’aliquota per il calcolo dell’onere fiscale minimo (dal 95,22 % al 96,22 %)».

Osserva, quindi, che l’OFM «è stato rideterminato dal Legislatore in 199,72 euro/chilogrammo, così come previsto dall’art. 39-octies, comma 6, T.U.A., così come modificato dal comma 122 dell’art. 1, lettera a), della legge n. 197/2022 (Legge di bilancio 2023)».

L’Avvocatura generale chiarisce che l’OFM «così come attualmente determinato […] – corrispondente alla percentuale attuale dell’accisa globale e dell’IVA gravanti sul “PMP-sigarette” […] – si applica a tutti i prezzi di sigarette per i quali la somma dell’accisa […] e dell’IVA […] sia inferiore a 199,72 euro/chilogrammo, cioè fino al prezzo di circa 254 euro/chilogrammo», che costituirebbe il “prezzo di parità”, con la conseguenza che «tutti i prodotti che ricadono in una fascia di prezzo uguale o inferiore a euro 254,00 sono soggetti al pagamento di tale ammontare minimo complessivo».

La difesa statale aggiunge che tale meccanismo di calcolo fa sì che «la fiscalità è ancorata ad un dato di mercato più stabile, definito dalle scelte di tutti i suoi operatori» non subendo le «fluttuazioni a seconda delle variazioni nei modelli di consumo come la classe di prezzo più richiesta» e risulterebbe «meno influenzabile dalle politiche tariffarie praticate dai produttori».

Inoltre, sempre ad avviso della difesa erariale, la fissazione di un OFM risponderebbe «pure all’esigenza di tutela della salute pubblica», «al fine di scoraggiare il consumo di prodotti da fumo».

La previsione dell’OFM risulterebbe, peraltro, «coerente con gli obiettivi di un onere minimo di tassazione […] in quanto incide in misura più rilevante sui prezzi molto bassi e in misura più attenuata sui prezzi via via più elevati».

14.– In prossimità dell’udienza ha depositato memoria YM, solo in relazione al primo giudizio, ribadendo che il meccanismo di calcolo dell’OFM neutralizza «i vantaggi competitivi che ottengono i produttori che riescono, grazie alle loro capacità imprenditoriali, a vendere prodotti a prezzi più bassi, intercettando così la domanda di quei consumatori interessati a prodotti con prezzi più contenuti rispetto ad altri», con la «creazione di un regime simile ad un oligopolio» e l’introduzione di «una vera e propria discriminazione concorrenziale a carico dei tabacchi lavorati più economici». Ne seguirebbe, dunque, anche una «lesione del diritto alla libertà di iniziativa economica privata» di cui all’art. 41 Cost.

14.1.– YM, dopo aver richiamato la normativa nazionale ed europea sui «requisiti qualitativi» delle sigarette, «imposti dal d.lgs. 6/2016, concernente il recepimento della direttiva 2014/40/UE», osserva che quelle da essa prodotte «hanno un contenuto in nicotina, catrame e monossido di carbonio inferiore rispetto ad altre sigarette vendute ad un prezzo superiore al c.d. prezzo di parità», in presenza, peraltro, di «specifici controlli, preventivi e successivi, da parte dell’ADM».

La conseguenza sarebbe che «[r]ispetto alle sigarette di “bassa fascia” non si pongono […] problemi di salute diversi da tutte le restanti sigarette».

14.2.– La società, infine, ha presentato due «istanze di autorimessione».

La prima in quanto i provvedimenti impugnati e le norme censurate «violano anche le previsioni di cui all’art. 53 Cost.», con lesione dei «principi di proporzionalità e progressività delle imposte».

La seconda sulla «disciplina dell’imposizione fiscale sulle sigarette medio tempore varata dal Legislatore nazionale», che presenterebbe le medesime criticità della precedente, peraltro facendo aumentare non solo «l’entità percentuale dell’“onere fiscale minimo” […] ma anche il suo valore assoluto, pari a decorrere dall’1.1.2023 a € 199,72 con un “prezzo di parità” di € 254,00 e un “PMP-sigarette” ad oggi ancora attestato a € 260,00».

Considerato in diritto

1.– Il TAR Lazio, sezione seconda, con ordinanza del 21 ottobre 2022 (r.o. n. 159 del 2022), dubita, in riferimento agli artt. 11, 41 e 117, primo comma, Cost., «per il tramite della disciplina interposta» di cui al considerando n. 9, ed agli artt. 7, paragrafi 3 e 4, 14, paragrafo 1, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64/UE, della legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, commi da 1 a 8, del d.lgs. n. 504 del 1995, come modificato, prima dall’art. 1, commi 1074 e 1078, della legge n. 145 del 2018, e poi dall’art. 1, comma 659, della legge n. 160 del 2019.

1.1.– Il giudice a quo riferisce che le questioni sono sorte nel corso di due giudizi riuniti riguardanti l’impugnazione di tre determinazioni direttoriali dell’ADM emesse, rispettivamente, nelle date del 13 gennaio 2020, 14 gennaio 2021 e 13 gennaio 2022, con cui sarebbero state aggiornate ed approvate le «tabell[e] di ripartizione del prezzo di vendita al pubblico delle sigarette», per gli anni 2020, 2021 e 2022.

2.– Il TAR, in punto di rilevanza, evidenzia che tali determinazioni troverebbero il loro «fondamento normativo» nell’art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, che attuerebbe l’onere fiscale minimo (OFM) di cui all’art. 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE, sicché «[i]n caso di declaratoria di incostituzionalità della legge nazionale […] quest’ultima non potrebbe più costituire la base giuridica dei provvedimenti impugnati», comportandone «l’invalidità».

3.– Il giudice a quo, quanto alla non manifesta infondatezza, con riferimento ai parametri di cui agli artt. 11, 41 e 117, primo comma, Cost., in relazione alle norme interposte costituite dal considerando n. 9 e dagli artt. 7, paragrafi 3 e 4, 14, paragrafo 1, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2011/64/UE, deduce la violazione dei «principi di libera concorrenza nel mercato interno e […] di libera determinazione del prezzo di vendita nel settore economico della produzione delle sigarette».

3.1.– Il TAR, dopo aver ritenuto che «la disciplina sull’onere fiscale minimo prevista nell’art. 7, par. 4, della direttiva 2011/64/UE, individuata quale causa petendi delle censure delle ricorrenti non abbia efficacia diretta c.d. verticale», per cui non consente al «giudice comune [di] sperimentare l’istituto della disapplicazione», si sofferma sul «quadro regolatorio europeo».

In particolare esamina il considerando n. 9 della medesima direttiva, in base al quale l’armonizzazione della tassazione mirerebbe a «“far sì che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati […] non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, di conseguenza, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri”»; richiama, quindi, l’art. 15, paragrafo 1, che avrebbe «sancito il principio del libero prezzo dei tabacchi lavorati», prevedendo che i produttori «“stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro”».

Con riferimento all’art. 7 della direttiva, il rimettente, dopo aver indicato che, ai sensi del paragrafo 1, le sigarette sarebbero soggette a due accise: «i) un’accisa ad valorem calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto […]; ii) un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto» e che, per il successivo paragrafo 2, l’«aliquota dell’accisa ad valorem e l’importo dell’accisa specifica devono essere uguali per tutte le sigarette», riporta il contenuto del paragrafo 3, per cui «“è stabilito per le sigarette in tutti gli Stati membri lo stesso rapporto tra l’accisa specifica e la somma dell’accisa ad valorem e dell’imposta sul volume d’affari, in modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori”».

Viene, quindi, richiamato il contenuto del paragrafo 4 dell’art. 7 che, con una «disposizione di chiusura», prevede che «“[n]ella misura in cui ciò risulti necessario, l’accisa sulle sigarette può comportare un onere fiscale minimo, sempre che la struttura mista della tassazione e la fascia dell’elemento specifico dell’accisa, ai sensi dell’articolo 8, siano rigidamente rispettate”».

Il rimettente rammenta, infine, il contenuto dell’art. 8, paragrafo 1, della direttiva menzionata, laddove prevede che la «“fascia” dell’elemento specifico dell’accisa», «ossia l’accisa specifica calcolata per unità di prodotto venduta nel mercato», è fissata «con riferimento al “prezzo medio ponderato di vendita al minuto” (c.d. PMP)», che si otterrebbe dalla divisione tra «“il valore totale di tutte le sigarette immesse in consumo, basato sul prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, diviso per la quantità totale di sigarette immesse in consumo […] in base ai dati relativi a tutte le immissioni in consumo dell’anno civile precedente”».

3.2.– Viene poi considerata la normativa nazionale, e in particolare l’art. 39-octies, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1995, che determina l’OFM, dal 1° gennaio 2019, nel 95,22 per cento (poi 96,22 per cento dal 1° gennaio 2020) della somma dell’accisa globale e dell’IVA «calcolate entrambe con riferimento al […] “PMP-sigarette”», laddove il PMP sarebbe determinato «dal rapporto tra il valore totale e la quantità totale delle sigarette immesse in consumo nell’anno solare precedente».

Tale disciplina viene ritenuta in contrasto con la citata direttiva, in quanto «distorcendo la struttura mista dell’accisa europea, altera la concorrenza nel mercato e comprime la libertà di impresa e le politiche economiche degli operatori», costringendo «quelli che producono sigarette ad un prezzo inferiore, rispetto al c.d. prezzo di parità, a sopportare ingiustificatamente un onere fiscale che aumenta al diminuire del prezzo di vendita».

3.3.– Ad avviso del rimettente tale contrasto con la direttiva comporterebbe «due principali distonie».

La prima deriverebbe dal fatto che «[i]l meccanismo di calcolo dell’onere fiscale minimo restituisce un carico fiscale che grava in misura maggiore su quei produttori che mettono in vendita sigarette ad un minore prezzo rispetto a quello stabilito da altri operatori», per cui i primi resterebbero imbrigliati nella rete «[del]l’imposta minima».

La seconda sarebbe rinvenibile nella modalità di computo dell’OFM, pari al 96,22 per cento della somma dell’accisa globale e dell’IVA, calcolate entrambe «con riferimento al “PMP-sigarette”» che, ai sensi dell’art. 39-octies, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1995, «è ancorato e oscilla in base alla variazione dei prezzi totali di vendita delle sigarette (fatturato dell’anno precedente)», con la conseguenza che «[l]’aumento del prezzo di vendita delle sigarette accresce la base su cui si calcola l’aliquota dell’onere fiscale minimo».

In tal modo, «i produttori che offrono sigarette ad un prezzo più elevato e quindi realizzano un maggior fatturato (ossia le multinazionali) sono in grado di modificare la soglia dell’onere fiscale minimo mediante il semplice aumento dei prezzi di vendita», facendo «innalza[re] automaticamente il denominatore [recte: numeratore] sulla cui base si effettua il rapporto tra fatturato e quantità di sigarette vendute».

Pertanto, «[l]a politica dell’aumento dei prezzi dei grandi operatori determina in via diretta l’aumento del carico fiscale che devono sopportare i piccoli operatori» e «i produttori che vendono a prezzi minori (in genere piccoli operatori) subiscono un prelievo fiscale maggiore rispetto a quello che avrebbero subito applicando la tassazione ordinaria».

3.4.– Il rimettente individua, poi le «conseguenze delle distonie», evidenziando che «[i]l risultato che la leva fiscale collegata all’onere fiscale minimo determina sulla concorrenza nel “mercato interno” delle sigarette è quello di neutralizzare i vantaggi competitivi che ottengono i produttori che riescono, grazie alle loro capacità imprenditoriali, a vendere prodotti a prezzi più bassi, intercettando così la domanda di quei consumatori interessati a prodotti con prezzi più contenuti rispetto ad altri».

Per il giudice a quo, dunque, da un lato, i produttori che commerciano sigarette con prezzi più bassi rispetto a quello “di parità”, «perdono […] le precedenti quote di mercato relative alla fascia dei consumatori interessati a prodotti a basso costo» e, dall’altro, «dovendo aumentare il prezzo dei propri prodotti per rimanere nel mercato, risultano essere meno competitivi in relazione agli operatori che, non subendo gli effetti negativi della leva fiscale […], offrono, alla stessa classe di prezzi, prodotti con standard migliori rispetto ai quali si indirizza naturalmente la scelta del consumatore finale nell’incrocio della domanda e dell’offerta».

3.5.– In conclusione, dunque, il TAR ritiene «non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, commi 1-8, del d.lgs. n. 504/1995, in relazione alla violazione degli artt. 11 e 117 Cost., integrati dalla disciplina interposta dettata dagli artt. 7, par. 3 e 4, 14, par. 1 e 15, par. 1, della direttiva 2011/64/UE sull’onere fiscale minimo», e ciò «salvo che il giudice costituzionale ritenga di interpellare la Corte di giustizia sulla corretta interpretazione della disciplina europea in esame».

4.– Il TAR Lazio, sezione seconda, con ordinanza del 12 maggio 2023 (r.o. n. 110 del 2023), in relazione alla ulteriore determinazione dell’ADM del 29 dicembre 2022, con cui sarebbero state aggiornate ed approvate «[a] decorrere dalla data del 1° gennaio 2023 le tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico delle sigarette», impugnata da ITM e MIT con il «terzo atto per motivi aggiunti», dubita della legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, commi da 1 a 8, del d.lgs. n. 504 del 1995, nella versione in vigore dal 1° gennaio 2023, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., «per il tramite della disciplina interposta» di cui «agli artt. 7, par. 3 e 4, 14, par. 1 e 15, par. 1, della direttiva 2011/64/UE».

4.1.– L’articolo censurato, nella versione in vigore dal 1° gennaio 2023, in particolare prevede, al comma 6: «Per i tabacchi lavorati di cui all’articolo 39-bis, comma 1, lettera b) (sigarette), l’onere fiscale minimo, di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, è pari, per l’anno 2023, al 98,10 per cento della somma dell’accisa globale costituita dalle due componenti di cui alle lettere a) e b) del comma 3 del presente articolo e dell’imposta sul valore aggiunto, calcolate con riferimento al “PMP-sigarette”; la medesima percentuale è determinata al 98,50 per cento per l’anno 2024 e al 98,60 per cento a decorrere dall’anno 2025».

4.2.– In punto di rilevanza, il giudice a quo afferma che le questioni sarebbero rilevanti «in quanto il provvedimento prot. n. 632286/2022 che è stato impugnato con il terzo atto per motivi aggiunti è stato adottato in pretesa applicazione dell’art. 39-octies, comma 6, del d.lgs. n. 504/1994 [recte: 1995], nel testo modificato dalla legge di bilancio 2023, sicché l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale comporta l’invalidità del provvedimento amministrativo che su di ess[o è stato] adottato».

4.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, il rimettente, in sostanza, ribadisce che il meccanismo di determinazione nazionale dell’OFM sarebbe in contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., «integrati dalla disciplina interposta dettata dagli artt. 7, par. 3 e 4, 14 par. 1 e 15, par. 1, della direttiva 2011/64/UE», «prevista al fine di tutelare i principi di libera concorrenza nel mercato interno e quindi di libera determinazione del prezzo di vendita nel settore economico della produzione delle sigarette».

Il TAR reputa che le modifiche normative nella parte in cui «ancora[no] la determinazione dell’onere fiscale minimo, nella percentuale ora stabilita […], alla variazione della componente del “PMP-sigarette” […]» confermerebbero «i sospetti di illegittimità costituzionale della disciplina sull’onere fiscale minimo per come già evidenziati dalla Sezione nell’ordinanza n. 13610/2022».

Infatti, anche con la novella, «“i produttori che offrono sigarette ad un prezzo più elevato e quindi realizzano un maggior fatturato […] sono in grado di modificare la soglia dell’onere fiscale minimo mediante il semplice aumento dei prezzi di vendita”», in quanto «“per effetto del sistema di calcolo delineato dal legislatore italiano, aumentando il prezzo di vendita dei prodotti si innalza automaticamente il denominatore [recte: numeratore] sulla cui base si effettua il rapporto tra fatturato e quantità di sigarette vendute e quindi si ottiene una soglia dell’onere fiscale minimo più alta”».

Per il rimettente, dunque, persisterebbero le «“distonie” tra il “congegno nazionale di determinazione dell’onere fiscale minimo […] rispetto al sistema delineato a livello europeo” e le “conseguenze delle distonie” sulla concorrenza nel mercato evidenziate nella medesima ordinanza».

4.4.– Il TAR ritiene quindi non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate sulla norma censurata e ciò, anche in questo caso, «salvo che il giudice costituzionale ritenga di interpellare la Corte di giustizia sulla corretta interpretazione della disciplina europea in esame».

5.– In via preliminare deve essere disposta la riunione dei due giudizi, che hanno ad oggetto la medesima disposizione, sia pure nelle due diverse declinazioni temporali, e sono fondati su argomentazioni e parametri sostanzialmente coincidenti (ex plurimis, sentenze n. 128 e n. 91 del 2023, n. 246 del 2022 e n. 256 del 2010; ordinanza n. 153 del 2023). Infatti, l’art. 39-octies, comma 6, del d.lgs. n. 540 del 1995, sul quale solo – come si vedrà nel punto che segue – si incentrano le censure del rimettente, in entrambe le fasi temporali di vigenza, lega il valore dell’OFM ad una formula di calcolo dipendente dal “PMP-sigarette”.

6.– Va anche precisato che dalle motivazioni di entrambe le ordinanze emerge che l'unica norma censurata è in realtà, come accennato nel punto che precede, il comma 6 dell’art. 39-octies, attinente al meccanismo di calcolo dell’OFM: a tale disposizione va, quindi, ristretto l’ambito delle censure (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 198 del 2023, n. 223 e n. 30 del 2022, n. 145, n. 128 e n. 35 del 2021, n. 270, n. 267 e n. 223 del 2020).

7.– Le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Lazio con entrambe le ordinanze, sono inammissibili per un’incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento, che compromette irrimediabilmente l’iter logico in ordine alla non manifesta infondatezza delle stesse (sentenze n. 182, n. 81 e n. 31 del 2022, n. 239, n. 201, n. 61 e n. 15 del 2021, n. 264 e n. 213 del 2020, n. 27 del 2015; ordinanze n. 229 del 2020, n. 162 del 2019 e n. 244 del 2017).

Il rimettente, invero non esamina, e quindi non si confronta, con numerose disposizioni della direttiva 2011/64/UE che dovevano essere necessariamente considerate al fine di poter motivare i dubbi di compatibilità comunitaria e di illegittimità costituzionale in ordine al rapporto tra OFM e “PMP-sigarette” stabilito dalla disposizione nazionale censurata.

7.1.– Entrambe le ordinanze di rimessione muovono, infatti, dal presupposto interpretativo per cui l’OFM introdotto dalla suddetta direttiva non potrebbe avere alcun punto di contatto con il “PMP-sigarette”, poiché altrimenti la misura del primo verrebbe a dipendere dai prezzi stabiliti dai grandi produttori che sono in grado di condizionare l’importo del secondo e i produttori di fascia bassa verrebbero, in tal modo, lasciati in balia del potere di mercato degli oligopolisti che controllano il settore.

Secondo tale ricostruzione, dunque, da un lato, il meccanismo di calcolo dell’OFM stabilito dalla norma censurata determinerebbe una tassazione inversamente proporzionale rispetto al prezzo di vendita, che avrebbe l’effetto di incidere sulla libertà dei produttori di fissare il prezzo di vendita delle sigarette, garantita invece dalla direttiva.

Dall’altro, tale meccanismo determinerebbe l’effetto per cui la «politica dell’aumento dei prezzi dei grandi operatori» causerebbe in via diretta l’aumento del carico fiscale che devono sopportare «i produttori che vendono a prezzi minori (in genere piccoli operatori)», con una grave distorsione della concorrenza.

7.2.– Il rimettente, tuttavia, nell’assumere questa prospettiva, omette di considerare il paragrafo 4 dell’art. 8 della suddetta direttiva, richiamato peraltro dalla stessa disposizione che introduce l’OFM (art. 7, paragrafo 4), dove si stabilisce: «[d]al 1° gennaio 2014 l’elemento specifico dell’accisa sulle sigarette non può essere inferiore al 7,5 % e non può essere superiore al 76,5 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi: a) l’accisa specifica; b) l’accisa ad valorem e l’IVA applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto».

Tale disposizione innanzitutto àncora, a tutta evidenza, l’importo delle accise sulle sigarette al parametro del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, ossia al “PMP-sigarette”, che è proprio l’elemento contestato dal rimettente nelle sue censure sulla normativa nazionale.

Soprattutto, la suddetta previsione consente che «l’elemento specifico dell’accisa sulle sigarette», ossia l’incidenza percentuale dell’accisa specifica (che in Italia al momento è individuata in una misura che rientra tra le più basse d’Europa, pari al 13,75 per cento dell’onere fiscale totale), possa essere portata dal legislatore nazionale fino al livello massimo, pari al 76,5 per cento dell’onere fiscale totale, calcolato proprio in riferimento al “PMP sigarette”.

In questa ipotesi la maggior parte dell’onere fiscale totale (dato dalla somma dell’accisa globale e dall’IVA) risulterebbe determinato dall’accisa specifica (76,5 per cento), che non è proporzionale al prezzo di vendita, ma fissa per unità di prodotto.

Per questo aspetto, quindi, l’accisa specifica sembrerebbe in grado di incidere sul prezzo di vendita delle sigarette in termini non dissimili dall’OFM, sacrificando maggiormente i produttori di fascia bassa, come del resto risulta dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 188 del 2014, dove si rimarca che «[i]l sistema prevalentemente specifico comporta una minore incidenza fiscale sui prezzi più elevati, essendo decrescente il rapporto tra l’importo fisso e i prezzi via via più elevati».

Tuttavia, il rimettente omette del tutto di considerare questa previsione, anche solo per escluderne la pertinenza alla questione sollevata.

7.3.– Non menziona inoltre, e quindi non valuta, gli ulteriori rimandi che la direttiva 2011/64/UE compie al contestato “PMP-sigarette”, tra cui quello contenuto nel considerando n. 14, per cui «[r]iguardo alle sigarette […] [u]n requisito minimo ad valorem dovrebbe quindi essere espresso in termini di prezzo medio ponderato di vendita al minuto, mentre un importo minimo dovrebbe applicarsi a tutte le sigarette».

Inoltre, non viene preso in considerazione neppure l’art. 10, paragrafo 2, della medesima direttiva, con cui si dispone che «[d]al 1° gennaio 2014 l’accisa globale sulle sigarette è pari ad almeno il 60% del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo. L’accisa non può essere inferiore a 90 EUR per 1000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto. Tuttavia, gli Stati membri che applicano un’accisa di almeno 115 EUR per 1000 sigarette sulla base del prezzo medio ponderato di vendita al minuto non sono tenuti a rispettare la regola del 60% di cui al primo comma».

8.– Peraltro, il rimettente, in modo solo apodittico afferma, senza svolgere alcuna argomentazione al riguardo, che la disciplina nazionale avrebbe distorto «la struttura mista dell’accisa europea».

9.– Il giudice a quo, infine, non considera neppure il paragrafo 6 dell’art. 8, che consente agli Stati membri di «applicare un’accisa minima sulle sigarette».

Omette, quindi, di motivare se le due nozioni di OFM e di «accisa minima» siano perfettamente sovrapponibili o presentino specifiche caratteristiche distintive ed in quale misura.

10.– Le questioni sollevate dalle citate ordinanze in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., così come quelle relative alla asserita lesione dell’art. 41 Cost., evocato in modo solo generico nella prima ordinanza di rimessione e neppure richiamato formalmente nella seconda, devono quindi essere dichiarate inammissibili.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, comma 6, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), così come modificato dall’art. 1, commi 1074 e 1078, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) e dall’art. 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), sollevate, in riferimento agli artt. 11, 41 e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, con l’ordinanza iscritta al n. 159 del registro ordinanze 2022, indicata in epigrafe;

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 39-octies, comma 6, del d. lgs. n. 504 del 1995, così come modificato dall’art. 1, comma 122, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), sollevate, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., dal TAR Lazio, sezione seconda, con l’ordinanza iscritta al n. 110 del registro ordinanze 2023, indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2023.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2023